Due donne hanno portato insieme la croce nella XIII stazione della Via Crucis del Venerdì Santo di quest’anno al Colosseo. Ucraina l’una e russa l’altra, amiche prima e durante la guerra.
Le avevamo già viste in tv e nei giornali per la loro amicizia che aveva fatto notizia: lavorano insieme nel Centro di Cure Palliative del Campus Bio-Medico di Roma, Irina come infermiera e Albina come specializzanda. Nella tragedia della guerra che si sta combattendo in Ucraina si mantengono amiche e sperano la pace per entrambi i loro popoli.
Non a tutti è piaciuta la scelta di invitarle a portare insieme la croce. L’ambasciatore ucraino presso la Santa Sede ha chiesto al Papa di rivedere questa decisione giudicandola inopportuna e alcune televisioni cattoliche ucraine non hanno trasmesso la Via Crucis per lo stesso motivo. In un contesto già gravissimo, anche questi sono segnali di un forte allarme.
Dobbiamo sempre chiedere il dono di saperci immedesimare nella realtà che i popoli in guerra stanno vivendo, nel dolore e nelle ferite che soffrono in questo momento. La Chiesa però non può rinunciare alla sua stessa natura, alla sua costituzione e al suo compito, pena il tradimento dell’umanità intera. Addolora – ma è una storia dalle radici antiche quanto l’uomo - che non tutti abbiano colto la bellezza e la potenza di quel ritrovarsi unite nello sguardo e nell’abbraccio alla croce che quelle due donne, ucraina l’una e russa l’altra, ci hanno testimoniato nel silenzio di quella stazione tanto eloquente. Proprio poche ore prima, nell’intervista televisiva a Lorena Bianchetti, alla domanda: “Come si sta davanti alla morte in croce di Gesù?”, Papa Francesco aveva risposto con quegli struggenti e magistrali istanti di silenzio; un silenzio sentito ancora più forte proprio perché in una televisione che generalmente ci bombarda di parole ed immagini.
Proprio come di fronte a Gesù e alla Sua Chiesa, davanti a quelle due donne che insieme portano la croce si può emergere in una contestazione, in una ribellione oppure ci si può ritrovare la grazia di andare a vedere e di aprirsi a Chi genera una realtà altrimenti impossibile, un’amicizia e un’unità altrimenti impossibili.
Dopo 2000 anni, la croce continua evidentemente ad essere scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani, mentre noi cristiani abbiamo l’immeritata grazia di riconoscere in essa il nostro unico vanto, la sola possibilità di salvezza.