Dal 23 al 28 marzo prossimi Benedetto XVI visiterà il Messico e Cuba durante il suo 23° viaggio internazionale.
Grande l’attesa nei due Paesi per un viaggio che vuole essere un abbraccio a tutta l’America.
Di certo si tratta di un viaggio impegnativo, che durerà ben quattordici ore solo per l’andata, ma il Santo Padre, pur avendo compiuto già ottantacinque anni, ha manifestato una forza e una gioia nel decidere e poi mettere in pratica questo viaggio che dice tutto il suo ardore e struggimento per l’umano che altro non desidera che conoscere Cristo e vivere della Sua Compagnia sulla Terra che è la Santa Chiesa.
Difatti Padre Lombardi ha fatto sapere che nella scelta di queste due tappe il Santo Padre ha tenuto presente anche la ricorrenza dei duecento anni dell’indipendenza messicana e della maggior parte dei Paesi latinoamericani, il grande desiderio dei messicani di ospitare il Papa, il ventennio dei rapporti diplomatici fra Messico e Santa Sede, il 400° anniversario della scoperta dell’immagine della Virgen de la Caridad del Cobre, patrona di Cuba e il conseguente anno giubilare.
Ha comunque aggiunto Padre Lombardi: "Queste sono le occasioni della visita, ma al centro di ogni viaggio del Papa c’è anzitutto il suo servizio di pastore della Chiesa universale, che - secondo il mandato di Cristo - conferma nella fede i suoi fratelli. Tuttavia si può forse indicare un’intonazione specifica di questo viaggio al cuore del continente americano. Sarà certamente un viaggio per la speranza. Per la speranza dei messicani, popolo di immense risorse e possibilità, ma travagliato oggi da problemi gravissimi che pesano sul suo presente e sul suo futuro, a cominciare da una drammatica violenza. Per la speranza dei cubani, che si sentono alle soglie di una possibile epoca nuova, in cui le parole profetiche di Giovanni Paolo II sull’apertura reciproca di Cuba e del mondo si avverino in un clima di sviluppo, di libertà e di riconciliazione. Per la speranza dell’America Latina intera, dove una Chiesa impegnata nella «missione continentale» avviata dall’Assemblea di Aparecida, vuole continuare a dare il suo contributo ispiratore al cammino del continente, perché i valori umani e cristiani garantiscano uno sviluppo integrale delle persone, nonostante le difficoltà e i rischi del nostro tempo”.
Sia in Messico che a Cuba cresce, dunque, il fermento per l’imminente visita del Papa, un momento per riconfermare nella fede due Paesi dalla profonda tradizione cristiana, alla luce della missione continentale lanciata dallo stesso Benedetto XVI nel 2007 ad Aparecida, in Brasile, in occasione della Conferenza dei vescovi dell’America Latina.
Nel ricordare i momenti principali dell’agenda papale, il portavoce vaticano ha ricordato che, in Messico, Benedetto XVI visiterà le città di Leon e Guanajuato, centro geografico del territorio messicano, dove Giovanni Paolo II non era mai stato. E proprio a Leon, domenica 25 marzo, è in programma la Messa nel Parco del Bicentenario, uno spazio che può accogliere circa 350 mila persone. Santiago e l’Avana saranno invece le tappe cubane, con la visita al Santuario della Virgen de la Caridad del Cobre, immagine di Maria alla quale si rivolge la grande devozione del popolo cubano.
Nel programma sono previsti incontri con autorità civili e religiose, e in particolare è da ricordare che ai vari appuntamenti saranno presenti quasi tutti i vescovi del Continente. Non è in programma, ma non viene escluso anche un incontro con Fidel Castro, l’anziano e malato leader cubano che quattordici anni fa accolse papa Wojtyla e che da qualche anno ha ceduto la presidenza al fratello Raoul.
È stato anche composto un inno ufficiale per questa tanto attesa visita del Santo Padre, dal titolo “Messaggero di pace”, il cui inciso dice “Messaggero di pace, messaggero d’amore, che doni la speranza al mio cuore, questo popolo ti è fedele”. Il canto, presentato ieri dalla Conferenza episcopale messicana, nasce dalla musica di Carlos Lara, mentre il testo è interpretato da diversi cantanti, tra cui l’italiana Filippa Giordano.
Nei due Paesi, specie a Cuba, è di certo ancora vivo il ricordo delle visite di Giovanni Paolo II: cinque in Messico e una, nel 1998, nell’isola caraibica.
Difatti il viaggio di papa Wojtyla, primo Pontefice a posare il piede sul suolo cubano, fu una pietra miliare nella storia dell’isola,
Fu la visita di Giovanni Paolo II a segnare un punto di svolta. Nei cinque discorsi e nelle tre omelie pronunciate in quei cinque giorni storici, il Pontefice parlò di libertà “che include il riconoscimenti dei diritti umani e giustizia sociale”, definì la democrazia “il progetto politico più consono alla natura umana” ma invitò tutti a “percorrere un cammino di riconciliazione, dialogo e accoglienza fraterna”. Certo, il Papa criticò l’embargo imposto dagli Usa e denunciò senza mezzi termini gli abusi del capitalismo selvaggio.
Il suo messaggio, sintetizzato nella frase “Che Cuba si apra al mondo e il mondo si apra a Cuba”, offrì ai cittadini una prospettiva nuova. Sulla linea tracciata da Wojtyla si è mossa, in questi 14 anni, la Chiesa cubana. Che usa i maggiori spazi disponibili - l’apertura di un nuovo seminario e dei centri culturali, la diffusione delle proprie riviste, oltre al ruolo di mediatrice assunto dal cardinale Jaime Ortega y Alamino nel 2010 per la liberazione dei prigionieri politici - proprio per favorire il dialogo. Per promuovere una cultura di riconciliazione e di responsabilità nella società civile.
Nessun cubano potrà mai dimenticare questo storico incontro di pace. E lo stesso accadrà ora con Benedetto XVI.