"Sorpreso" per il fatto che le sue parole, volutamente espresse con il linguaggio di tutti i giorni, non fossero state pienamente contestualizzate da molti media nell’ampio ragionamento. E "dispiaciuto" per il "disorientamento" causato. Sono stati questi i due sentimenti prevalenti nel Papa (così ci è stato riferito), al momento della lettura dei giornali, il giorno dopo il ritorno da Manila.
In realtà solo in una settimana sono stati due gli episodi in cui abbiamo purtroppo constatato la tendenza più o meno subdola di estrarre alcune parole o frasi del Santo Padre, pronunciate prima nel percorso di andata verso Manila e poi in quello di ritorno dal suo ultimo viaggio apostolico nello Sri Lanka e nelle Filippine. Parole e frasi estrapolate dal contesto, senza far intendere il ragionamento, le circostanze e il sentimento che le caratterizzavano. Ridurre le parole del Santo Padre come di chiunque a delle battute tanto più estrapolate dal pensiero che stava affermando e dalla domanda che lo aveva provocato non è informazione, ma una vera e propria disinformazione. Oltretutto dalla parvenza ideologica.
Prima la battuta sul "pugno" che il Santo Padre ha pronunciato nell'Incontro con i giornalisti durante il volo verso Manila lo scorso 15 gennaio e che è rimbalzata nei vari media. Ha detto il Cardinale Kasper in una intervista su Repubblica: "LA BATTUTA sul pugno che il Papa darebbe a chi dicesse una parolaccia contro sua mamma è una battuta e come tale va presa. Tutti sull'aereo hanno riso, anche io l'ho fatto riascoltandola. È il suo discorso in generale, piuttosto, che va compreso bene. Francesco ha detto che non si deve reagire violentemente laddove si viene ingiustamente colpiti o insultati, ma è anche vero che a volte si creano situazioni in cui una certa violenza diviene non contenibile". Infatti, basta avere la decenza di andarsi a riprendere il discorso trascritto puntualmente e immediatamente nel sito del Vaticano: il Santo Padre stava rispondendo ad una domanda sulla libertà religiosa e sulla libertà di espressione, suscitata certamente anche dai recenti e tragici atti di terrorismo in Francia. Il Papa, rispondendo, prima afferma con chiarezza che la libertà religiosa è un diritto fondamentale ma allo stesso tempo che "uccidere in nome di Dio è un’aberrazione". Allo stesso modo per quel che riguarda la libertà di espressione dice: "Ognuno non solo ha la libertà, il diritto, ha anche l’obbligo di dire quello che pensa per aiutare il bene comune. L’obbligo. Pensiamo ad un deputato, ad un senatore: se non dice quello che pensa che sia la vera strada, non collabora al bene comune. E non solo questi, tanti altri. Abbiamo l’obbligo di dire apertamente, avere questa libertà, ma senza offendere. Perché è vero che non si può reagire violentemente, ma...", e qui la famosa battuta! E continua: "Non si può provocare, non si può insultare la fede degli altri, non si può prendere in giro la fede. Papa Benedetto in un discorso – non ricordo bene dove – aveva parlato di questa mentalità post-positivista, della metafisica post-positivista, che portava alla fine a credere che le religioni o le espressioni religiose sono una sorta di sottocultura, che sono tollerate, ma sono poca cosa, non fanno parte della cultura illuminata. E questa è un’eredità dell’illuminismo. Tanta gente che sparla delle religioni, le prende in giro, diciamo «giocattolizza» la religione degli altri, questi provocano, e può accadere quello che accade se il dott. Gasbarri dice qualcosa contro la mia mamma. C’è un limite. Ogni religione ha dignità, ogni religione che rispetti la vita umana, la persona umana. E io non posso prenderla in giro. E questo è un limite. Ho preso questo esempio del limite, per dire che nella libertà di espressione ci sono limiti come quello della mia mamma. Non so se sono riuscito a rispondere alla domanda. Grazie".
Evidentemente non c'è bisogno di alcun commento, di nessun approfondimento. Quello che il Papa voleva dire è chiarissimo... basta solo ascoltarlo interamente (Incontro con i giornalisti durante il volo verso Manila).
Eppure solo qualche giorno dopo, in maniera quasi incredibile visto che è accaduto alla conferenza stampa vissuta ancora in volo con i giornalisti, questa volta di ritorno da Manila, il 19 gennaio scorso, assistiamo alla stessa riduzione giornalistica delle parole di Francesco. L'argomento è la crescita e la povertà delle Filippine. Alla decima domanda il giornalista Cristoph Schmidt per il gruppo tedesco chiede: "Santo Padre, prima di tutto vorrei dire mille grazie per tutti i momenti così impressionanti di questa settimana. È la prima volta che La accompagno e vorrei dire mille grazie. La mia domanda: Lei ha parlato dei tanti bambini nelle Filippine, della Sua gioia che ci sono così tanti bambini. Ma, secondo dei sondaggi, la maggioranza dei filippini pensa che la crescita enorme della popolazione filippina è una delle ragioni più importanti per la povertà enorme del Paese, e nella media una donna nelle filippine partorisce più di tre bambini nella sua vita, e la posizione cattolica nei riguardi della contraccezione sembra essere una delle poche questioni su cui un grande numero della gente nelle Filippine non stia d’accordo con la Chiesa. Che cosa ne pensa?".
La frase incriminata, perché ancora totalmente decontestualizzata, è questa: "Alcuni credono che – scusatemi la parola – per essere buoni cattolici dobbiamo essere come conigli. No. Paternità responsabile". Ancor di più che nell'episodio precedente non è mancato chi, cavalcando l'onda di una tale scorretta ridotta informazione, abbia strumentalizzato immediatamente questa dichiarazione per farne una occasione di divisione colpendo in questo modo la figura del Santo Padre e la Chiesa intera: un'onda di parole a difesa delle famiglie numerose che si sarebbero sentite, a detta di alcuni, offese dalle parole del Papa. Niente di più assurdo: energie sprecate nel tentativo di spiegare al Papa qualcosa che lui non aveva nemmeno detto. Infatti ancora una volta basta avere l'umiltà di ascoltare o leggere le 13 righe di risposta del Papa alla domanda che gli era stata rivolta per rendersi immediatamente conto, con non poco sdegno, che semplificarle in quell'affermazione è veramente scorretto. Innanzitutto perché Francesco stava rispondendo ad una domanda sulla questione del numero di figli (3) che sociologi e demografi indicano per assicurare la stabilità della popolazione... e poi perché l'affermazione non è affatto sintetica di tutto il pensiero del Papa che si conclude con quest'altra affermazione che, allora, potremmo considerare addirittura antitetica: "ogni figlio è un tesoro".
Ecco allora la risposta di Francesco:
"Io credo che il numero di tre per famiglia, che lei menziona, secondo quello che dicono i tecnici, è importante per mantenere la popolazione. Tre per coppia. Quando si scende sotto questo livello, accade l’altro estremo, come ad esempio in Italia, dove ho sentito – non so se è vero – che nel 2024 non ci saranno i soldi per pagare i pensionati. Il calo della popolazione. Per questo la parola-chiave per rispondere è quella che usa la Chiesa sempre, anch’io: è «paternità responsabile». Come si fa questo? Col dialogo. Ogni persona, col suo pastore, deve cercare come fare questa paternità responsabile. Quell’esempio che ho menzionato poco fa, di quella donna che aspettava l’ottavo e ne aveva sette nati col cesareo: questa è una irresponsabilità. «No, io confido in Dio». «Ma guarda, Dio ti dà i mezzi, sii responsabile». Alcuni credono che – scusatemi la parola – per essere buoni cattolici dobbiamo essere come conigli. No. Paternità responsabile. Questo è chiaro e per questo nella Chiesa ci sono i gruppi matrimoniali, ci sono gli esperti in questo, ci sono i pastori, e si cerca. E io conosco tante e tante soluzioni lecite che hanno aiutato per questo. Ma ha fatto bene a dirmelo. È anche curiosa un’altra cosa, che non ha niente a che vedere ma che è in relazione con questo. Per la gente più povera un figlio è un tesoro. È vero, si dev’essere anche qui prudenti. Ma per loro un figlio è un tesoro. Dio sa come aiutarli. Forse alcuni non sono prudenti in questo, è vero. Paternità responsabile. Ma bisogna guardare anche la generosità di quel papà e di quella mamma che vedono in ogni figlio un tesoro" (Conferenza stampa durante il volo di ritorno dalle Filippine).
Il Papa sicuramente sarà stato sorpreso di quanto è accaduto ma certamente non ha mancato più volte in passato, perché lo sa e perché questi sono solo gli ultimi due episodi di una lunga serie, di ammonire i media per i suoi "peccati", tra cui appunto quello della disinformazione. Lo ha fatto per esempio nel Discorso tenuto il 22 marzo scorso ai membri dell'Associazione Corallo in cui ha detto:
"Ho accennato all’inizio: andare per la strada della bontà, della verità e della bellezza, e tante virtù su queste strade. Ma ci sono anche i peccati dei media! Mi permetto di parlare un po’ di questo. Per me, i peccati dei media, i più grossi, sono quelli che vanno sulla strada della bugia, della menzogna, e sono tre: la disinformazione, la calunnia e la diffamazione. Queste due ultime sono gravi!, ma non tanto pericolose come la prima. Perché? Vi spiego. La calunnia è peccato mortale, ma si può chiarire e arrivare a conoscere che quella è una calunnia. La diffamazione è peccato mortale, ma si può arrivare a dire: questa è un’ingiustizia, perché questa persona ha fatto quella cosa in quel tempo, poi si è pentita, ha cambiato vita. Ma la disinformazione è dire la metà delle cose, quelle che sono per me più convenienti, e non dire l’altra metà. E così, quello che vede la tv o quello che sente la radio non può fare un giudizio perfetto, perché non ha gli elementi e non glieli danno. Da questi tre peccati, per favore, fuggite. Disinformazione, calunnia e diffamazione".
A ciascuno di noi l'amore a se stesso di andare sempre alla fonte oggettiva di certe notizie, tanto più di fronte a evidenti circoli viziosi che ormai dovremmo ben conoscere e, appunto, rifuggire.