Da oltre venti giorni si è concluso l’anno scolastico. In questi giorni il termine scuola evoca l’esame di maturità o esame di stato a seconda del valore che si riconosca ad esso. Certamente le tracce della prova di Italiano, la prima degli scritti, può essere stata la possibilità di “testare” la maturità degli alunni e anche degli insegnanti. Prima però di soffermarci su questo vogliamo richiamare alcune questioni emerse durante il trascorso anno scolastico.
La riforma delle superiori
Il prossimo anno sarà messa a punto la riforma voluta e programmata dal Ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini. In tal modo la scuola, soprattutto quella secondaria di secondo grado, cambierà il proprio assetto: saranno infatti introdotti nuovi indirizzi, altri saranno definitivamente soppressi; il tutto “condito abbondantemente” dal solito strascico di polemiche, spesso solo ideologiche.
Il posticipo dell’inizio dell’anno scolastico
Qualche settimana prima che terminassero le lezioni il senatore del Pdl, Giorgio Rosario Costa, attraverso il disegno di legge numero 409, ha proposto che l’anno scolastico potesse iniziare dal 1° ottobre. L’idea ha suscitato reazione opposte: i sostenitori vedono nella proposta un’opportunità per incentivare il turismo soprattutto nel Mezzogiorno, i contrari invece pensano che non si può imporre alle scuole l’apertura perché si andrebbe a toccare l’autonomia e soprattutto perché in tale materia sono le Regioni e non il Governo a decidere.
Potremmo ora discutere sulla fondatezza della proposta andando a rilevarne i lati positivi – quasi sempre a settembre il tempo permette ancora le vacanze, infatti spesso si torna tra i banchi con un clima ancora pienamente estivo – e quelli negativi – la stessa situazione climatica si ripresenterebbe a giugno e poi quando finirebbe l’anno scolastico? Come verrebbero distribuite le varie festività? – ma crediamo che sia importantissimo fermarsi e puntare l’attenzione su quelli che sono gli aspetti veramente importanti da guardare nella scuola.
Gli attuali programmi
Alcuni esempi. Perché non soffermarsi su come vengono proposti ed attuati sui libri di testo i programmi indicati dal ministero? A questo proposito vale la pena ricordare un semplice esempio fra tanti. Allo stato attuale un insegnante di storia del biennio delle superiori dovrebbe proporre ai propri alunni un programma che in prima parte dalle origini della vita umana nell’universo si conclude in seconda con il 1300, cioè con la fine del medioevo: 1300 anni di storia concentrati in poco più di due anni scolastici!!! Sempre rimanendo nell’ambito umanistico letterario la maggior parte dei testi in uso presentano il medioevo come un’epoca buia e deprimente, i testi di letteratura invece continuano a presentare Leopardi come un autore pessimista e, per dirla con termini correnti, un po’ “sfigato”. Tralasciamo poi quale trattamento viene riservato a geni del calibro di Dante e Manzoni e delle loro rispettive opere giudicate ormai compassate e incapaci di comunicare qualcosa di buon di bello di vero. Ad un occhio leale ed attento non può certo sfuggire come tutto questo sia espressione, neanche poi tanto nascosta, di una mentalità nichilista e di parte che contribuisce solo ed unicamente a far allontanare chiunque dall’imbattersi con ciò che palpita nel cuore di un autore o da ciò che di buono, di vero e di giusto possiamo apprendere dalla conoscenza del passato, con tutte le contraddizioni che a posteriori vi troviamo.
I docenti
Sarebbe poi giusto riflettere su come sostenere i molti insegnanti che si prodigano, senza avere le giuste risorse e appoggi, per educare gli alunni, ma che spesso vengono denigrati e sottovalutati dagli stessi genitori: la cronaca ci parla di famiglie infuriate che a causa della bocciatura dei propri figli organizzano “spedizioni punitive” contro i docenti. Ma ancor di più bisogna parlare del modo di operare di alcuni insegnanti che, dimentichi o, nel peggiore dei casi, privi della passione educativa, sono diventati burocrati, magari anche ligi al dovere e preparati dal punto di vista nozionistico, ma che hanno completamente perso di vista il fulcro della questione, vale a dire l’alunno.
Ma cosa c’entrano questi aspetti tratteggiati con le tracce della prima prova scritta? Le quattro tipologie di prove scelte dal ministero e proposte ai candidati erano (tracce ufficiali):
- l’analisi di un testo dello scrittore Primo Levi tratto dalla Prefazione di Ricerca delle radici. Antologia personale;
- la redazione di un articolo di giornale o di un saggio breve che trattasse uno dei seguenti argomenti: “Piacere e piaceri”; “La ricerca della felicità”; “Il ruolo dei giovani nella storia e nella politica. Parlano i leader”; “Siamo soli?”;
- i fatti storici e le vicende che portarono alla tragedia delle foibe;
- un testo che si soffermasse a riflettere sugli usi e la funzione della musica nella società contemporanea.
Stando ai dati comunicati dal MIUR, quasi il 37% degli studenti ha scelto di scrivere un testo che trattasse della ricerca della felicità. Una scelta che fa riflettere sul modo di pensare dei giovani e su ciò che riconoscono fondamentale per la propria vita.
È interessante notare come proprio il momento dell’esame di stato possa essere una occasione di soffermarsi, per chi lo abbia voluto, e domandarsi dinanzi a ciò che è proprio costitutivo inevitabile e prioritario dell’uomo, del suo essere in quanto tale: la ricerca della felicità. Cosa altro dovrebbe stare al centro dell’attenzione, dell’interesse di ciascuno a partire dai docenti, che invece troppo spesso varcano i cancelli della scuola ed entrano in classe senza minimamente riporsi dinanzi a questo?
Ma se si è un minimo leali con se stessi e con ciò che si è studiato ed approfondito e con chi si ha dinanzi, come non accorgersi che il motore di tutta l’attività umana, ciò che muove ogni uomo di ogni tempo ed epoca è innanzitutto la domanda di un Bene assoluto: tutta l’azione umana è rivolta a questo ed il più delle volte non ci se ne accorge.
Cosa insegniamo ai nostri ragazzi? Cosa portiamo loro? Nozioni e teorie che vengono guardate nella maggioranza dei casi come noiose e inutili?
Quante volte si sente chiedere dagli alunni il perché: “Perché devo studiare storia? Cosa ha a che fare con me la Divina commedia? Perché devo imparare procedimenti matematici cosi astratti e difficili?”.
Cosa possiamo rispondere loro se non che è anche attraverso queste nozioni, ma soprattutto grazie al modo in cui l’insegnante lavora, a ciò che porta in classe, che si impara a conoscere e ad amare ciò che ci circonda.
Gli insegnanti e la scuola tutta devono dunque accompagnare e guidare verso l’introduzione e l’approfondimento della realtà, una realtà spesso incomprensibile, deludente e annichilente per gli studenti, che si ritrovano ad avere un’inquietudine, una domanda di felicità che cerca una risposta.
È questa consapevolezza che dovrebbe essere il motore di ogni proposta, di ogni dibattito, altrimenti il rischio è di cadere in un ideologismo vuoto e inutile, in nome del quale ogni gruppo politico tira dalla propria parte.
Ecco di cosa abbiamo bisogno: di una scuola che, apra essa le sue porte a settembre o ad ottobre, sia in grado di formare davvero gli alunni, che possa proporre educatori, quali testimoni della verità e del bene, certi che “La scuola oggi affronta notevoli sfide che emergono nel campo dell'educazione delle nuove generazioni. Per questo motivo la scuola non può essere soltanto luogo di apprendimento nozionistico, ma è chiamata ad offrire agli alunni l'opportunità di approfondire validi messaggi di carattere culturale, sociale, etico e religioso. Chi insegna non può non percepire anche il risvolto morale di ogni umano sapere, perché l'uomo conosce per agire e l'agire è frutto della sua conoscenza” (Benedetto XVI, udienza generale del 12 marzo 2008).