La Luna non brilla di luce propria, riflette la luce del Sole. Come la Terra, metà della Luna è esposta alla luce diurna e metà è avvolta nelle tenebre (la notte). Talvolta vediamo tutto il lato diurno e questo fenomeno è noto come “Luna piena”. A volte vediamo solo un sottile spicchio luminoso, chiamato spicchio o falce di luna e a volte invece non la vediamo affatto, perché il lato esposto a noi è quello notturno. Questa fase é detta “Luna nuova”. Queste “fasi” sono il risultato del movimento della Luna attorno alla Terra ogni 29 giorni e mezzo; il “mese lunare” è stato usato per migliaia di anni per misurare il tempo in tutto il mondo.
Già i Padri della Chiesa dei primi secoli usavano proprio questa stessa analogia del rapporto tra il Sole e la Luna per indicare la natura della Chiesa. La Luna porta la luce nella notte, ma la luce non viene da lei, viene dal Sole. Così è la Chiesa: essa porta la luce al mondo, ma questa luce che porta non è sua. È la luce di Cristo. Dunque la Luna brilla nel cielo ma la sua luce è un riflesso. “Essa «rifulge non della propria luce, ma di quella di Cristo e prende il proprio splendore dal Sole di giustizia, così che può dire: -Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me (Galati 2, 20)»” (Ambrogio, I sei giorni della creazione, iv, Sermone vi, 8, 32).
“La Luna-Chiesa come riceve il suo chiarore, può anche donarlo decrescendo per fare spazio a un novum che germina, o perderlo per effetto di vicende umane che pesano su ogni creatura esposta al pericolo della mondanizzazione: «Allentandosi dal Sole della giustizia» si finisce per «rivolgere tutte le sue disposizioni spirituali alle cose terrene che ottenebrano sempre più le facoltà interiori ed esteriori. Ma appena si comincia a tornare all’immutabile sapienza… ci si rinnova di giorno in giorno» (Agostino, Lettera 55, 5, 8).La ricchezza spirituale di questa allegoria ha sullo sfondo la cultura ellenistica assorbita in quella cristiana, che vi ha posto il riverbero della qualità del Figlio di Dio sulla Chiesa, trasfigurando il rapporto tra Elio e Selene, il Sole e la Luna”.
Per ulteriori approfondimenti: Contemplare prima di capire
L’analogia Sole-Luna ci aiuta a comprendere anche la natura della testimonianza del cristiano così come mirabilmene riportato in un tratto dell’Approfondimento “Questa vita che ora io vivo nella carne la vivo nella fede del Figlio di Dio” di Nicolino Pompei in cui si legge:
“…Qual è la natura della nostra testimonianza? È semplicemente quella di lasciar trasparire «ciò» che l’avvenimento di Cristo, della sua attrattiva, della sua grazia opera in noi. Si è testimoni quando si lascia trasparire «ciò» che il Signore opera e trasfigura in noi. Allora, la testimonianza non è un’aggiunta alla nostra vita, una specie di attività o di impegno ulteriore al di fuori della vita, delle «cose» quotidiane della nostra vita di carne; una specie di performance straordinaria e virtuosa separata e al di fuori della nostra vita di carne. La testimonianza è semplicemente lasciar trasparire quello che l’esperienza della fede, l’esperienza della presenza di Cristo vivo, della sua attrattiva presente, della sua grazia incessante opera, trasfigura e genera in noi, nel nostro umano, dentro la nostra vita di carne. Dentro questa esperienza – e solo dentro questa viva, goduta e rinnovata esperienza – saremo, ci ritroveremo ad essere dappertutto una viva, raggiante e irradiante presenza e testimonianza, senza chissà quale sforzo, capacità, progetto o strategia”.
“Se ad attirarti è Cristo – ha detto invece Papa Francesco nel Libro intervista Senza di Lui non possiamo fare nulla- , se ti muovi e fai le cose perché sei attirato da Cristo, gli altri se ne accorgono senza sforzo. Non c’è bisogno di dimostrarlo, e tantomeno di ostentarlo… Il fatto è che l’attrazione si fa testimonianza in noi”.
Si capisce allora facilmente perché S.Teresa di Lisieux poteva pregare, e noi con lei: “Attirami, e basta”.