Il ministro uscente della salute Livia Turco ha firmato il giorno 11 aprile un decreto ministeriale che aggiorna le linee guida della legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita. Le nuove linee guida sono state pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale con la data del 30 aprile. Esse appaiono in contrasto aperto, secondo il prof. Francesco D’Agostino, sia con la lettera che con lo spirito della legge, poiché prevedono modifiche alquanto rilevanti. La prima riguarda chi può essere ammesso alle tecniche di fecondazione assistita: se fino ad ora vi potevano ricorrere solo le coppie sterili, con le modifiche della Turco anche le coppie affette, per esempio, da malattie sessualmente trasmissibili hanno la possibilità di accedervi; a tali coppie viene infatti riconosciuto uno stato di “infertilità di fatto”. Si può dunque affermare, alla luce di questo, che anche le coppie per esempio omosessuali possono essere considerate in uno stato di infertilità di fatto e essere ammesse alla fecondazione artificiale? Una tale modifica, come ha spiegato il prof. D’Agostino, significa proprio alterare lo spirito della legge che, sebbene si sia cercato di abrogarla tramite referendum, conferiva alla fecondazione comunque un carattere esclusivamente terapeutico. Ma certamente ciò che preoccupa di più è la seconda modifica che elimina il divieto della diagnosi pre-impianto degli embrioni, mantenendo però il divieto a qualsiasi diagnosi a fini eugenetici così come previsto dalla stesse legge. Lo stesso ministro in una nota ha annunciato i contenuti del provvedimento: “Abbiamo dato una risposta a quanti, operatori e cittadini, richiedevano chiarezza sulla possibilità di effettuare diagnosi pre-impianto, chiarendo che le linee guida, in quanto tali, non possono prevedere divieti che non siano già contemplati nella legge stessa. Per questo, il nuovo testo delle linee guida non contempla più la limitazione della sola diagnosi osservazionale, mantenendo comunque il divieto di qualsiasi diagnosi a fini eugenetici così come previsto dall’articolo 13 della legge 40, e ciò in coerenza con l’evoluzione dell’ordinamento, testimoniata da diversi pronunciamenti della Magistratura, sia ordinaria che amministrativa, ed in particolare quella del Tar del Lazio che ha annullato la parte delle precedenti line guida in cui si limitano le indagini sullo stato di salute dell’embrione e quelle di tipo osservazionale” (agenzia Ansa). In realtà, come fatto già emergere da molti negli ultimi giorni, la dichiarazione del ministro tanto quanto le linee guida sono un attacco gravissimo alla vita e all’embrione, poiché sono ambigue e pertanto si prestano a non poche interpretazioni. In parole semplici fino a questo momento l’unica indagine sugli embrioni in vitro, cioè in provetta, poteva essere solo osservazionale e dunque non invasiva. Le nuove linee guida riaprono la possibilità ad altri tipi di indagine sebbene vengano esclusi i fini eugenetici. Ma propriamente che significa? Prima di tutto, come ha spiegato il prof. Carlo Bellieni, non limitare l’indagine alla sola osservazione significa che ad un embrione costituito da 8 cellule (il prodigio e il miracolo della vita e della persona che è già tutta fissata in quelle 8 cellule!) si possono sottrarre, per essere analizzate, 1 o 2 cellule, vale a dire un quarto dell’intero corpo. Se la diagnosi è soddisfacente, cioè corrisponde al desiderio dei genitori, ciò che rimane verrà impiantato in utero. Sembra fantascienza ma purtroppo non lo è. Il prof. Bellieni continua sostenendo che secondo uno studio scientifico recente (e non è difficile da credere dopo quanto detto) questi embrioni dopo l’analisi si impiantano peggio. C’è anche da dire, come ha affermato il prof. Giovanni Neri, direttore dell’Istituto di Genetica Medica dell’Università cattolica del Sacro Cuore, che “nulla si conosce sugli esiti a lungo termine degli individui nati dopo aver subito la biopsia embrionaria”. Inoltre, a fronte di tutto questo, cosa significa escludere la diagnosi a fini eugenetici? A ben vedere l’eugenetica è esclusa nelle parole, ma con queste linee guida è già un fatto. Premettendo che, sempre secondo quanto riferito dal prof. Neri, la pratica della diagnosi pre-impianto non è perfetta ma esposta a errori già riportati in letteratura, rimane che una volta emersa secondo le diagnosi una qualsivoglia patologia, anche se compatibile con la sopravvivenza, poiché non esistono cure e possibilità di intervento su eventuali “difetti”, “l’esito probabile sarebbe la richiesta della donna di accogliere in utero solo gli embrioni «sani» e di escludere dall’impianto l’embrione «malato» ( Prof. D’Agostino). La finalità diagnostica e quella selettiva, ha confermato Roberto Colombo, risultano in questo modo di fatto, anche se non di principio, inseparate. “Uno scopo eugenetico – continua Colombo – che sebbene escluso di principio sia dal testo della legge (articolo 13 comma 3b) che dalle nuove linee guida, può essere di fatto deliberato e attuato attraverso il rifiuto della donna, in nessuna forma giuridica escludibile, del trasferimento in utero dell’embrione su cui è stata eseguita la diagnosi”. E chi decide quali sono le malattie che “giustificano” il non impianto e quindi la selezione negativa dell’embrione? A questo punto è tutto diventa molto relativo e relativizzabile… fino a poter scegliere tra gli embrioni quello con potenziali capelli biondi e occhi azzurri! Un’altra questione, questa volta istituzionale, emerge dai fatti. Secondo quanto stabilito dalla legge, nel nostro ordinamento il governo dimissionario rimane in carica solo ed esclusivamente per compiere gli affari di ordinaria amministrazione; come si dice tecnicamente il “disbrigo di affari correnti”. La domanda è dunque d’obbligo: la modifica delle linee guida alla legge 40 operata dal ministro Turco può essere inserita tra gli atti relativi al disbrigo di affari correnti? Secondo quanto sostiene Annibale Marini, presidente emerito della Corte costituzionale e ordinario di diritto civile all’università di Tor Vergata, “disbrigo degli affari correnti, significa che il ministro rimane in carica per svolgere tutte quelle attività che riguardano la continuità e che presumibilmente non comporteranno particolari problemi”. Si tratta in pratica di “atti di routine, rispetto ai quali la decisione da prendere risulta pressoché neutrale”. Ma allora la Turco ritiene che la questione delle tecniche della fecondazione assistita sia un argomento di routine, un atto di ordinaria amministrazione? Possiamo senza ombra di dubbio affermare che il tema in questione non è un atto di ordinaria amministrazione. Allora si tratta forse di una questione ideologica? Di un ultimo colpo di coda? In questo momento ci auguriamo che il nuovo ministro della salute, non appena formalizzato il governo, si impegni a intervenire immediatamente su una questione così di vitale importanza.
PER APPROFONDIRE: La buona diagnosi contro l’eugenetica di Nicoletta Tiliacos - il Foglio del 22 maggio 2008
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