In occasione della memoria della Beata Vergine di Lourdes pubblichiamo il video e la trascrizione dell'Incontro con padre René Laurentin, sacerdote e teologo francese, il più grande studioso della Vergine Maria, avvenuto nel corso del nostro XVIII Convegno Fides Vita
Se’ di Speranza fontana vivace
Giubileo delle apparizioni
di Nostra Signora di Lourdes
a Santa Bernadette
incontro con
Padre René Laurentin
31 ottobre 2008
Don Armando Moriconi
Perdonerete la mia voce che indubbiamente lascerà trasparire la trepidazione, la gioia per la possibilità di avere qui tra noi il padre René Laurentin… Prima di presentarlo brevemente, desidero salutare, abbracciare e accogliere ciascuno di voi, ciascuno dei presenti; in modo tutto particolare voglio accogliere e salutare il nostro Vescovo mons. Gestori Gestori; accanto a lui il fondatore del nostro Movimento, il prof. Nicolino Pompei. Insieme con loro, do il benvenuto a ciascuno di voi, ed in modo tutto particolare al padre Laurentin.
È per noi motivo di onore e di gioia poter ospitare il padre Laurentin al nostro Convegno. Il suo essere qui è indubbiamente una testimonianza per ciascuno di noi del suo ardente amore a Cristo, alla Chiesa e, in modo tutto particolare, lo sappiamo bene, alla Madre di Cristo e della Chiesa, la Vergine Maria.
Padre Laurentin è sacerdote e teologo francese. Credo di poter dire, senza timore di essere smentito, che egli è la massima autorità vivente in materia di mariologia, è il più grande studioso della Vergine; cioè - di lui lo possiamo dire con certezza - ne è il più grande innamorato. Solo una nota biografica credo che sia sufficiente per dire l’indiscussa sua grandezza. Egli partecipò come esperto, come perito al Concilio Vaticano II e scrisse la maggior parte della dottrina mariana che il Concilio ebbe modo di esprimere.
In una delle pagine conclusive del suo libro “Bernadette vi parla”, il padre, proprio parlando di santa Bernadette, ha scritto: “Prima di ogni altra cosa ella era semplice”; lo scrive a conclusione del suo percorso. Ecco, questa affermazione del padre tocca da vicino il nostro cammino educativo e sostiene in noi, spero fin d’ora - lo spero per me, lo spero per ciascuno - il nostro essere qui; nel nostro essere qui, sostiene la posizione adeguata: quella dei piccoli, degli umili, dei semplici. Impariamo nel nostro cammino, in un passaggio di un approfondimento di Nicolino, che questa è l’unica, adeguata posizione alla originale natura dell’uomo, che è appunto quella di essere creato, dato e fatto; ed è questa posizione che permette l’apertura, il riconoscimento e l’influsso di Chi ha creato, dato e fatto.
Come documenta in maniera chiara e meravigliosa l’essere qui del padre Laurentin, questa posizione segna tutta la vita del nostro ospite, spalancandola alla contemplazione ed alla venerazione del volto di Maria Santissima e, attraverso la Madre, all’adorazione del Volto dell’Eterno Figlio.
Da qui, padre, le chiediamo di aiutarci questa sera ad avvicinare, guardare e amare Gesù attraverso Colei che ha reso possibile, nella Sua umile ubbidienza, che la domanda dell’apostolo Filippo, “Mostraci il Padre e ci basta”, trovasse come risposta la Presenza di un Uomo, del Verbo fatto Carne: “Chi ha visto Me ha visto il Padre”.
Ecco, con lo sguardo rivolto alla provocazione tematica del nostro Convegno, questa sera soffermiamo il nostro cuore sul Giubileo delle apparizioni di Nostra Signora di Lourdes a Santa Bernadette. E lo facciamo grazie a quest’incontro, che come sapete ha per titolo un magnifico verso dantesco: “Se’ di Speranza fontana vivace”.
Lascio volentieri la parola a padre René Laurentin.
Padre René Laurentin
Eccellenza, caro fondatore Pompei Nicolino, care sorelle e fratelli, sono molto onorato e contento di trovarmi nel vostro Movimento Fides Vita, bene intitolato, perché la fede deve essere vissuta e Maria è l’esempio di una vita identificata con la fede, con la realtà di Dio di cui era la Madre, di cui è divenuta la Madre.
Stasera vorrei dare qualche “flash”, soprattutto biblico, sulla maternità di Maria, perché il centro della Sua missione, della Sua vita è che è Madre, “più Madre che Regina”, diceva bene S. Teresa di Lisieux. Madre di Dio, che ha generato dalla Sua Carne, e nostra Madre spirituale, di cuore, adottiva ma non meno reale. Si può dire che l’amore, l’amore di una madre non fa divisione tra i figli; sempre più sento che Maria ci ama come Gesù, perché l’Amore non fa differenza tra i figli. Una madre di famiglia non ha più amore per un figlio che per un altro; li ama personalmente, ognuno come unico. E per Maria è lo stesso: per Ella siamo tutti un figlio, una famiglia, tutti siamo Suoi figli personalmente, ma tutti insieme in comunità. Sotto il Suo mantello protettore cercheremo di approfondire la nostra conoscenza e soprattutto il nostro amore.
La professione, il mestiere del teologo è quello di approfondire la conoscenza. E un importante dovere del teologo è quello di approfondire specificatamente la conoscenza secondo le fonti della Chiesa, il Magistero. La “deformazione” del teologo, della sua specializzazione è quella di progredire molto per vedere la coerenza, i fondamenti della dottrina.
Ogni anno, ogni giorno, capisco meglio come Cristo e Maria ci amino e come il mio piccolo amore, malgrado la Grazia del Signore, rimane debole. C’è anche, e devo scusarmi per questo, la debolezza di un uomo che adesso ha novantuno anni. Ho molto esitato a venire a tale età; sono anche cieco, perché ho perduto la vista da quattro anni, progressivamente; adesso sono nel “gabinetto nero” e non vi vedo, e mi dispiace. E non ho nemmeno il linguaggio di Dante, di Silvio Pellico: ho il linguaggio di un francese che parla con un forte accento e non con le intonazioni specifiche ed armoniose della lingua italiana. Di questo mi scuso e prego come Papa Giovanni quando, vecchio, diceva: “Preghiamo perché la debolezza umana sia forte”.
Sono conosciuto come specialista delle apparizioni. Devo dire che non è per me il “fondamentale”; ho studiato questo soggetto perché è il meno studiato, di tutta la teologia è quello meno compreso. Ho avuto molte, molte difficoltà e contrasti per fare il mio dizionario, che fu ben ricevuto dal Papa e dal segretario di Stato, i quali mi hanno inviato una lettera di ringraziamento per questo apporto. Rimane che questo dizionario avrà difficoltà a fare la sua via, il suo cammino perché in Francia vedo, sento opposizioni. Ma ci saranno prossimamente traduzioni, in italiano prima, poi in portoghese e in inglese. Spero che nel mondo avrà il suo influsso.
Per me il “fondamentale” è la Scrittura; qui troviamo Maria e principalmente, non unicamente, nei due primi capitoli di Luca. Penso di averne la prova sicura, non condivisa però dalla maggioranza degli esegeti, che ha una vista un po’ troppo negativa della Scrittura.
L’ultimo libro che ho fatto uscirà in Francia il 15 Novembre e penso che sarà tradotto in Italia nell’anno; dopo in altri Paesi. In esso, dopo aver studiato l’esegesi in molti libri, specialmente nei “Vangeli di Natale”, ho cercato di vedere questi fondamenti biblici, la ricchezza nascosta non capita da molti, nascosta spesso anche dalle traduzioni che non vanno alla parola più specifica e nascondono le ricchezze.
Penso di aver meglio compreso, dopo cinquant’anni di studio, che questi capitoli di Luca erano veramente la Parola della Vergine. Gli apostoli conoscevano Cristo dal Battesimo di Giovanni Battista, ma prima chi era Cristo? Era caduto dal cielo o era venuto in un altro modo? Non si sapeva; fu una delle domande che furono fatte alla Vergine la quale, dopo la Pentecoste, ha vissuto parecchi anni nella comunità di Gerusalemme. Nello stesso modo la Vergine ha insegnato alla Chiesa i suoi primi Cantici, conservati in Luca, cap. 1 e 2. Questi quattro Cantici, e specialmente il primo, il Magnificat di Maria, la preghiera modello, furono cantati, grazie all’informazione di Maria, nella comunità primitiva. Qui troviamo la missione di Maria, come ha ricevuto la missione di Dio, la Sua missione “maternale” per Cristo, per noi; come l’ha scoperto e approfondito, con problemi e momenti in cui, come dice, non comprende (come nel versetto 2,50). I genitori Giuseppe e Maria non hanno capito quello che Gesù diceva, non hanno capito la prima Parola di Gesù. È stato necessario molto tempo perché Maria la comprendesse, così come aveva fatto quando fece questo racconto alla comunità di Gerusalemme Per questo, dopo cinquant’anni dicevo: “Sarebbe bello fare una vita autentica di Maria, ma non è possibile”. Ho capito, in questi ultimi anni, che è possibile e vedrete. Vorrei dare qualche cosa di questa nuova esperienza che ho fatto dopo l’esegesi, i lavori di penetrazione della Scrittura per vedere e capire come Maria ha vissuto la Sua vita, nello stesso modo in cui ho cercato di capire come Bernadette aveva vissuto la sua vita, dall’interno; non mettendo un racconto di Laurentin ma descrivendo al meglio possibile come Bernadette ha visto, detto e praticato quello che ha vissuto con la Vergine.
Prima di questa visione biblica, comincerò con l’evocazione di due dottrine che non sono apertamente, esplicitamente bibliche, anche se hanno fondamenti biblici: i due dogmi definiti, il primo nel 1854 da Pio IX, l’Immacolata Concezione, e l’altro, l’Assunzione, definito nel 1954 in piazza S. Pietro, dove mi trovavo in quel giorno. Questi non sono dati biblici, ma sono dati della fede, riconosciuti poco a poco dalla penetrazione della rivelazione cristiana (Bibbia e tradizione vivente), dopo molte discussioni e opposizioni - in maggioranza opposizioni - durate molti secoli prima della definizione di Pio IX.
Il primo è l’origine di Maria, il fatto che non ha mai avuto contatto col peccato personalmente. Mai il peccato è stato in Essa, neanche il peccato di origine. Questo era uno scandalo per la teologia perché dicevano: “Ma è figlia di Adamo e se è figlia di Adamo ha l’eredità del peccato di Adamo. È discesa da Adamo”. Abbiamo finalmente capito grazie a Duns Scott, che ha trovato la parola giusta, che Maria fu “preservata”, fu redenta per Cristo. Cristo è redentore di tutti, anche di Maria, che è stata redenta non per purificazione ma per preservazione. Quando insegno questo dogma agli studenti, futuri sacerdoti, dico: “Attenzione perché un giorno a Lourdes un cardinale, che non ricordava questa parola, “preservazione”, disse che Maria fu “purificata”; ma “purificata” è una parola infelice, perché sottende che c’era un peccato da purificare. No, Dio l’ha preservata dal peccato fin dal primo istante. È la “nuova creazione” annunciata dai profeti. I profeti annunziavano questa nuova creazione, una nuova Eva, e la nuova Eva è Maria. Tutto doveva partire dalla perfezione e dalla purezza totale; seppur tra Grazie immense, a Maria non venne però tolto di camminare tra le difficoltà, le prove della vita. Scrivendo la vita di Maria ho infatti capito che ha avuto molte prove, più difficili di quanto credessi. Ecco la prima verità non storica, perché non può essere stabilita dalla storia normale.
L’altra è la fine, il destino di Maria: l’Assunzione. A riguardo non c’è niente nella Bibbia, ad eccezione di un testo molto luminoso e molto profondo, l’Apocalisse di Giovanni Evangelista al cap. 12, proprio a metà del libro, in cui ha riportato la sua contemplazione della Vergine, che aveva preso con sé nella sua casa per molti anni, considerando che scrisse l’Apocalisse nel 95. Aveva fatto l’evocazione apocalittica di Maria, la “fine” di Maria, ma di questo la tradizione non ne sapeva niente. Il primo scrittore a parlare della “fine”di Maria si chiamava Epifanio di Salamina e, nel 377, di esso scriveva: “Non so niente”. Comincia così e, siccome non posso leggere, continuo la citazione approssimativamente: “Come è finita Maria? È morta o non è morta? Fu martire come secondo la parola della spada di dolore che le trafisse l’anima? Non lo so”. Epifanio era un padre della Chiesa, il miglior conoscitore, il miglior esperto della tradizione antica, specialmente in Oriente, in Gerusalemme e in tutti i luoghi fondamentali. Non sapeva, dice: “Dio ha nascosto questo Mistero per non stupire troppo i nostri cuori, è una meraviglia che sarà rivelata in Cielo”. Non diceva se fosse morta o non morta, e personalmente – attenzione, questo non è un insegnamento - anche io non so se Maria sia morta o no. Secondo le mie riflessioni, i miei studi e approfondimenti, non vedo perché sarebbe dovuta morire, avendo già sofferto tutte le morti possibili con la morte di Gesù che la lasciò sola. Questa morte in anima di Maria fu così terribile che, dopo, la morte non era più necessaria. Come Enoch ed Elia furono “presi” per Dio, Maria fu presa, “assunta” dal Suo Figlio che l’aspettava: come per molti mistici che sono attratti dal Cielo, c’era un’attrazione immensa per Maria alla fine della Sua vita; e c’era una più forte, ancora più forte, attrazione di Cristo, perché ricongiungesse il Suo corpo resuscitato con il Suo corpo glorioso.
Conclusa questa prefazione dei due dogmi non stabiliti dalla storia ma nella fede, dono di Dio attraverso il quale possiamo leggere molte cose per le nostre vite, vorrei fare un percorso scegliendo alcuni “flash”, alcuni tratti di luce su Maria, su come ha vissuto a lungo nella Bibbia.
Maria fu una donna nascosta, come quasi tutte le donne di questo tempo, ad eccezione delle regine: preparata, volta a non avere futuro nella storia. Era una ragazza semplice, certamente intelligente, come vediamo nel racconto che ha dato alla Chiesa per il Suo Magnificat; trasparente, umile, viveva in buon contatto con tutti, capiva bene tutti. E capiva anche il male; non poteva comprendere perché c’era il male ma lo vedeva, non con aggressività ma con Misericordia, con compassione e pregava per i peccatori. In un momento di tempo, nella città di Nazareth, nella Sua casa, una casa che era una grotta, una caverna, una casa nella roccia - prolungata dalla piccola casa che si vede a Loreto e che sembra una casa che viene dalla Palestina, come confermato dai miei studi - ha avuto l’Apparizione. Il racconto di Luca che viene da Maria comincia così: “In quel tempo l’Angelo Gabriele fu mandato nella città di Nazareth a una Vergine, sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. Il nome della Vergine era Maria”. Maria era storicamente sposata a Giuseppe. Il matrimonio non era finito, perché in Giudea c’erano due tappe del matrimonio. La prima, avvenuta, era il “consentimento”: un accordo definitivo per uscire dal quale, se Giuseppe avesse rifiutato - come aveva pensato - di ricevere Maria nella sua casa, era necessario un divorzio. La seconda fase, la coabitazione degli sposi, non era ancora iniziata ma il matrimonio era cominciato e compiuto per l’essenziale.
Circa la consumazione, Luca menziona soltanto che non ci fu consumazione; coabitazione sì, consumazione no perché per dare alla luce il Figlio di Dio Maria doveva essere Vergine. Tante persone dicono oggi: “Sarebbe stato molto meglio” - e sottintendono che Dio avrebbe fatto meglio - “che la nascita di Gesù fosse avvenuta nel matrimonio. Il matrimonio è un gran Sacramento, il sommo della creazione… allora perché Vergine?”. Bisogna comprenderlo ad un alto livello, ben contenuto già nella Bibbia. Maria ricevette un messaggio, che non posso commentare in dettaglio, che comincia da un saluto: “Rallegrati Maria”, in greco kaire. Kaire era il “buongiorno” dei greci; per questo alcuni preferiscono dire “Ti saluto o Maria”. Approfondendo si vede che le parole dell’annunzio di Gabriele riprendono quattro profezie antiche, soprattutto quella di Sofonia. “Rallegrati Figlia di Sion”: “Figlia di Sion” è il simbolo del popolo eletto di Dio - simboleggiato dalla Figlia di Sion molto più di come la Francia è simboleggiata dalla Marianna - perché Sion è il centro della città di Gerusalemme e la figlia di Sion è l’incarnazione, il meglio di Israele. Il seguito è: “Rallegrati Figlia di Sion perché il Tuo Creatore è in Te”. Se si legge bene la parola ebraica, il senso non è soltanto il senso astratto “in Te”, ma “nel Tuo ventre”. È la ragione per la quale nel greco di Luca c’è un termine molto materiale, che può sembrare un po’ troppo carnale, brutale, che dice: “Tu concepirai e partorirai nel Tuo ventre un Figlio”, che sarà chiamato “Figlio dell’Altissimo” e, in uno dei versetti successivi, anche “Figlio di Dio”. Una rivelazione meravigliosamente profonda, ma anche la realizzazione di una profezia di più di quattrocento anni ripetuta da parecchi profeti.
Partendo da questo e da altri testi ho cercato di ricostruire la “Bibbia” di Maria. Nessuno ha tutte le parole della Bibbia nella testa e Maria stessa, che probabilmente non sapeva leggere né scrivere, poiché soltanto i maschi avevano questa istruzione, ha ricevuto solo l’insegnamento della lettura biblica che le era fatta nella sinagoga. Ma si vede che le Parole che ha ricevuto sono state da Lei capite, meditate alla luce della Bibbia, come facciamo noi qualche volta, e come fanno molti cristiani, quando accostiamo una profezia con un evento della nostra vita. Come fecero questi genitori che avevano perduto il figlio unico? Seppure la circostanza fosse veramente terribile per loro, il padre aveva detto: “Il Signore ce l’ha dato, il Signore l’ha ripreso; sia Benedetto il Suo Santo Nome”. Questa fu la Parola di Giobbe quando perse i dodici figli e le dodici figlie. Si dice nel Vangelo di Luca (non ho tempo di commentare, ma mi potrete fare domande su questo) che Maria - è ripetuto due volte nei versetti 2,19 e 2,51 - conservava, meditava, raccoglieva insieme e confrontava tutto nel Suo cuore per ricondurlo nell’unità. Questa la descrizione della meditazione di Maria. Di questa meditazione, espressa da molti termini dei primi due capitoli, abbiamo la più ricca, precisa, densa e profonda illustrazione proprio in questi due capitoli, che sono come tessuti di parole e di reminiscenze bibliche. Non possiamo continuare molto, ma tutto il dogma è là, con una semplicità, una trasparenza straordinaria e Maria, con altri veggenti, ma come la prima dei veggenti, ha fissato perfettamente l’essenziale. “Tu concepirai”: l’espressione è curiosa perché inconsueta, poco normale; mai si dice nella Bibbia “concepirai”. Addirittura poi aggiunge “nel Tuo ventre”, γαστήρ [gaster] in greco, come la parola “gastrico” che in italiano si riferisce allo stomaco.
Nel momento successivo di questa meravigliosa Annunciazione, Maria riceve, senza dire niente, la parola seguente: “Questo Figlio sarà grande, sarà il successore, occuperà il trono di Davide, Suo padre, e il Suo Regno non avrà fine”. Ma come si dice al principio del Vangelo, e Maria lo sapeva bene, era Giuseppe figlio di Davide; se infatti si studia bene la Bibbia, si vede che Maria era una semplice vergine, ragazza di Nazareth; non era figlia di Davide. Se fosse stata figlia di Davide l’avrebbero detto sia Matteo che Luca, ma in base alla genealogia non potevano dirlo. Quindi Maria ha capito che sarebbe stata la Madre del Messia da Giuseppe figlio di Davide, come detto al principio. Allora non capiva, perché nel suo cuore aveva fatto il dono di consacrazione della Sua vita per Dio solo. Capiva così bene l’amore di Dio, nella fede, che voleva come molti altri, come molti di voi, vivere per Dio solo, dare tutto a Dio, senza riserve, senza ripartizioni; per questo dice all’Angelo: “Come si farà questo?”. Questa è la traduzione più letterale: “Come si farà questo? Non conosco uomo”. Molti critici obiettavano che, se in principio Maria era sposata ad un uomo, Giuseppe, come poteva dire dopo di non conoscere uomo? Lo conosceva perché era sposata, lo conosceva come amico, come sposo giuridicamente, ma non nel senso sessuale del matrimonio; l’unione sessuale dell’uomo e della donna, che crea con Dio nuove persone umane, è il compimento. È un grande Mistero, ma non è questo Mistero che Maria cercava: aveva sacrificato la gioia, la missione di avere figli per Dio solo. Allora riceve la spiegazione, che è molto bella ma che non posso commentare, tradotta così: “Lo Spirito Santo scenderà su di Te, su di Te stenderà la Sua ombra la Potenza dell’Altissimo”. Più letteralmente: “Verrà su di Te lo Spirito Santo. Il Dio Altissimo, il Padre, ti prenderà sotto l’ombra”, l’ombra della shekinà, che era sopra l’Arca dell’Alleanza. Questo per dire che Dio solo sarà la fonte di questa Incarnazione, non per fare una seconda paternità, ma perché la paternità del Padre e del Figlio sia incarnata umanamente, temporalmente in Maria. Per questo aggiunge “il generato”: è una parola molto bella, perché dice il generato dal Padre, di cui si è parlato prima. Il generato eterno dal Padre diventerà il generato temporale da Te, la Figlia di Sion. Così si compiranno le due promesse dell’Antico Testamento: la promessa che Dio sarebbe venuto nella città di Sion, della Figlia di Sion, e che sarebbe venuto carnalmente, umanamente, che Dio si sarebbe fatto Uomo. Vedete che densità! Ho passato più di cinquant’anni della mia vita nel lavoro essenziale di penetrare la Rivelazione stessa! Capite che adesso devo accelerare. La risposta di Maria evidenzia che Ella ha fatto propria la parola che spiega perché la madre del Messia, che era anche la madre del Figlio di Dio, doveva essere Vergine, così come il Padre verginalmente ha dato la nascita eterna, per tutta l’eternità, a Suo Figlio.
Dopo Maria ha ricevuto dagli eventi, ma anche da altre profezie, cinque in totale (nei primi capitoli di Luca), una conferma e una chiarificazione di questa filiazione divina. La prima la fa sua cugina Elisabetta, quando Maria, secondo l’invito dell’angelo, le va in visita: “Come si faccia che la Madre del mio Signore venga a me?”. Riconosceva in Maria la Madre di Dio, la “Madre del mio Signore”, e il “Signore” è Dio, sebbene forse non percepisse la pienezza di questa parola. Una prima esplicitazione alla quale Maria risponde con un’altra profezia, che è anche una preghiera: il Magnificat, splendida preghiera, perché è la prima azione di grazia di Maria. “L’Anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore”: la gioia dell’azione di grazia. E dopo quest’azione di grazia c’è una profezia straordinaria, al tempo in cui Erode era sul trono; era una profezia molto audace quella di Maria, e lo dice al passato: “ha fatto scendere i potenti dal loro trono”. Erode era sul suo trono e poco dopo, qualche mese dopo, minaccerà Cristo con il massacro degli Innocenti. Nell’ultima parte ricorda tutto il passato di Abramo, dei padri e della fedeltà di Dio.
La terza conferma, il terzo chiarimento è ricevuto da Maria a Natale dai pastori. È molto bello perché tutto avviene nell’umiltà della nascita di Gesù, nella grotta, nella mangiatoia: questi poveri tra i poveri, questi pastori che non avevano casa, che passavano la notte nei campi, che erano i più poveri, i più disprezzati, vengono, ricevono, sono avvolti dalla luce divina, la luce della shekinà, e ricevono un messaggio dal cielo: “Vi annunzio una grande gioia”. Letteralmente: “Vi evangelizzo una gioia grande. Vi è nato un Salvatore che è il Messia, il Signore”. È allo stesso tempo il Salvatore, il Messia Uomo e il Signore Dio, tre parole fondamentali. E Maria tiene con sé queste parole dei pastori. Ci sarebbe molto da dire anche del Gloria.
La quarta conferma per Maria è la profezia di Simeone. Quando, come ha fatto anche Carmignac, ho fatto la retroversione del greco di Luca in ebreo, ho visto che il senso era molto più chiaro e penso che nel Vangelo della profezia di Simeone si riconosce Gesù non solo come Salvatore, come dicevano i pastori, ma come Salvezza del mondo. “I miei occhi hanno visto il Bambino piccolissimo Gesù, i miei occhi hanno visto la Salvezza del mondo e la luce, la gloria di Israele, la luce delle nazioni”. A questo Simeone aggiunge un’altra parola molto profonda, che ha un posto importantissimo in tutta la vita di Maria, cioè: “Tuo Figlio sarà segno di contraddizione”. Colui che era promesso come Figlio di Dio e Messia, Re, non sarà mai Re politicamente. Questo Figlio sarà segno di contraddizione e anche: “La Tua anima sarà trafitta da una spada”.
L’ultima profezia che Maria riceve, la riceve da Gesù stesso a dodici anni, quando per tre giorni lascia i genitori che partono verso Nazareth, con grande angoscia per loro. La parola, molto bella, che descrive i tre giorni dove hanno cercato Gesù in Gerusalemme e nei suoi dintorni, durante questo tragitto, è segno del futuro in cui Maria Lo cercherà con dolore nei tre giorni della morte, nella stessa festa di Pasqua, nella stessa Gerusalemme. È la prima profezia di Gesù Bambino, ed è molto eloquente. Dico questo per farvi capire quanto il Vangelo che abbiamo da Maria è di una ricchezza che non è conosciuta da molti degli esegeti che spesso riducono la profondità della Rivelazione con parole che non traducono, ma tradiscono, non dicono fedelmente la verità.
Questo mostra come Maria è divenuta Madre di Dio, in modo molto concreto, attraversando circostanze di prova già quando Gesù aveva a dodici anni, ma anche prima, col massacro, le minacce di Erode e l’esilio, e prima ancora col problema di Giuseppe, che spiego dettagliatamente nel libro. Molti problemi, molte sofferenze. E andiamo adesso al Calvario, per capire come Maria, Madre, vera Madre umana di Cristo, di Dio è divenuta anche nostra Madre, che ci ama col medesimo Amore tutti, Cristo e noi come uno solo, ma ciascuno personalmente. Non si nasce madre, si diventa. Tutte le madri lo sanno bene: è un’esperienza unica, profonda, che dà alle donne una maturità, una penetrazione dei cuori che manca spesso agli uomini, che raramente hanno allo stesso grado. Allora Maria è divenuta madre e, penso che, come le piccole figlie di tutti i tempi, abbia fatto una prima piccola esperienza di gioco della maternità con le bambole di quel tempo; non so esattamente quali fossero, penso che non abbiamo conservato questi giochi di bambini. E già da bambina penso avesse il cuore di una madre di Israele, titolo che fu già dato, nel libro dei Giudici, alla prima dei Giudici, Deborah, che era non soltanto la salvatrice eroica del popolo, ma una madre di Israele. Più madre che capo di guerra. Maria è madre per la preghiera, per la compassione, madre di cuore. E dopo aver fatto l’esperienza essenziale della maternità con la gestazione di Gesù, mettendolo al mondo con le Sue forze di Madre, tutta madre, ha fatto anche un’ esperienza fondamentale e profonda, estendendo questa maternità a tutti gli uomini di cui Cristo vuole fare un solo Corpo e, come Cristo dice più profondamente, una sola vigna: “Io sono la vigna, voi siete i rami”. Non dice “sono il tronco, voi siete i rami”, ma dice: “Sono tutta la vigna, voi siete i rami”, perché c’è coincidenza, identificazione di noi con Dio dal tempo del Battesimo e questa identificazione si verifica ogni giorno tra le nostre opere, le nostre prove, le nostre preghiere, la nostra vita.
Penso che al momento del Calvario, quando Gesù muore, la Sua ultima parola agli altri, prima di morire, è pronunciata quando Maria è ai piedi della croce con sua sorella, Maria Maddalena e Giovanni, il solo apostolo fedele, che rimane ai piedi della croce. In questo momento Maria perde il Figlio. È terribile per Ella, perché vede che muore e non riesce a capire, come aveva detto Giovanni Paolo II, perché era la contraddizione della Rivelazione che aveva ricevuto. Aveva ricevuto infatti: “sarà stabilito sul trono di Davide, Suo Padre”. Non c’era trono e penso che in quel momento il demonio la tentasse: “Tu vedi il trono? Tu vedi che sta morendo, non sarà mai sul trono”. Maria sperava sempre in Dio, ma in quel momento ha dovuto capire che il Suo trono non era di questo mondo, ma sarebbe stato il frutto della Sua morte. Non poteva comprenderlo istantaneamente: perdeva il Figlio. È questo momento che Gesù ha scelto per darLe, nella persona di Giovanni, tutti noi. Giovanni Paolo II si è chiesto perché avesse indicato uno solo e non avesse detto piuttosto: “Ecco tutti i tuoi bambini dal momento presente, da ora fino alla fine del tempo”. Giovanni Paolo II lo spiega dicendo che la maternità è sempre personale: per ogni madre ogni figlio è unico. Allora era necessario che la maternità di Maria fosse significata in uno che ci rappresentava tutti. E la tradizione cristiana così l’ha compreso. Se ne vede la profondità: perde Gesù e riceve tutti noi peccatori, in cambio del migliore dei figli che perde e che muore.
“Ecco Tua Madre”: questa parola che Cristo, Gesù dice a Giovanni, che dice a noi, un esegeta si è chiesto cosa significhi. È una parola “sacramentale”, per dire “ti faccio Madre degli uomini”; e l’ha paragonata con le altre parole del Vangelo. “Ecco l’Agnello di Dio”, dice due volte Giovanni Battista, manifestando Cristo. Non è una parola sacramentale ma è una parola “dichiarativa”, che fa riconoscere il Mistero di quest’Uomo, il carpentiere di Nazareth, che sarà l’Agnello di Dio. In seguito, anche nel primo capitolo di S. Giovanni, quando Gesù vede Natanaele, il suo quinto discepolo, dice: “Ecco un vero israelita nel quale non c’è duplicità”. Questa non è una parola sacramentale; Cristo riconosce soltanto che Natanaele è un uomo puro, retto, semplice. Sembra dunque che quando Gesù dice “Ecco Tua Madre” non pronunci una parola sacramentale, ma riconosce l’opera profonda che si è fatta in Maria; da bambina e dal momento in cui ha dato nascita a Lui, attraverso le sofferenze della Sua vita, sulla croce è divenuta Madre. Per questo dicevo, cominciando, che non si nasce madre ma lo si diventa: Maria è divenuta madre dalle sofferenze del Calvario, il momento in cui ci ha in qualche modo partorito. Non bisogna esagerare questa conclusione perché la Chiesa è nata prima di Cristo; come dicono i Padri della Chiesa, è nata dal suo lato aperto, dal suo cuore aperto e Maria ha condiviso questo accettando la maternità come donna, come Madre di Cristo. È in Ella che si è concretizzata la maternità del Padre, che Maria rappresenta sulla Terra, perché il Padre, che ha generato Suo Figlio eternamente, e Maria, che l’ha generato umanamente, sono profondamente Uno e Maria si è identificata ancora di più in questa seconda maternità al Padre del Cielo.
Penso di dover concludere perché, siccome ci saranno domande, devo rispondere al resto. C’è molto da conoscere in Maria. Penso che più la conosciamo più l’amiamo, più vediamo che è un esempio; esempio nella Sua fede al Calvario, quando tutto era contraddizione delle promesse, come abbiamo detto. Succede che in certi momenti tutto sembra contraddizione della nostra fede, nel mondo, negli eventi infelici della nostra vita. In questi momenti dobbiamo essere fedeli come Maria: vedere Dio prima, Dio solo, anche quando ci sono tutte le contraddizioni esterne. E questo va bene con il suo programma, programma di vita.
Allora tutto si concretizza nella vita quotidiana; nelle apparizioni Maria si manifesta anche come Madre. Bisognerebbe fare uno studio un po’ difficile, un po’ lungo; ho incominciato a farlo. Fu l’educatrice di Bernadette a formarla alle sue prove, al sacrificio. È Madre per tutti e per ciascuno di noi che abbiamo la Sua presenza nella nostra vita. È un’educatrice, una formatrice ed una presenza raggiante per noi. “La presenza di Maria” - ha detto un Santo - “è un Grazia fatta a una lunga fedeltà”. Non è necessario sentire la presenza di Maria; la presenza è molto profonda e per alcuni ci sono momenti in cui questa presenza ha un influsso straordinario, con la nostra trasformazione. Direi che ci sono due momenti privilegiati, che hanno importanza nella vita di Maria, per capire, coltivare ed approfondire questa Sua presenza. Maria è la Vergine, è la presenza delle Origini, della Chiesa, è la prima persona della “Nuova Creazione”. È ad Ella che anche fu affidato di far nascere Gesù. Era presente all’inizio della Pentecoste. È anche la Vergine dei momenti difficili, delle croci. Nelle croci c’è un elemento di pace, perché Maria stessa, nel terribile momento della croce, non aveva la felicità; era trafitta, ma aveva la pace, una pace profonda, e ce la dona.
Grignon de Montfort che conoscete bene probabilmente quasi tutti, descriveva la vergine con questa formula umoristica: “la confiture des croix”. Per dire questa dolcezza, usava questo paragone: ci sono alcuni frutti che quando si mangiano, si portano alla bocca, sono terribili, amari, ma quando si mette molto zucchero questi frutti divengono deliziosi. Allora finisco con questa parabola sulla dolcezza della maternità di Maria e passeremo alle domande. Mi aiuterà a capire Federica, perché sono cieco e anche un po’ debole di orecchio.
Don Armando
Senza abusare troppo della cortesia, della gentilezza, dell’amicizia del padre Laurentin, se ci fossero delle domande, possiamo ora proporgliele.
Barbara Braconi
Innanzitutto padre Laurentin la ringrazio della sua presenza e del suo intervento. Volevo chiederle se può condividerci, seppur molto brevemente, quello che è stato il suo lavoro su quanto accaduto a Lourdes e a Bernadette. La prego di condividerci che cosa ha significato per lei lavorare a questo. Grazie.
Padre René Laurentin
Penso che, quando ho studiato Lourdes, ho fatto un lavoro immenso, che è considerato adesso come un modello, un prototipo per studiare tutte le altre apparizioni, con l’edizione dei documenti. Dopo l’analisi dei fatti dell’apparizione, della vita della veggente, che è Bernadette, sempre più Bernadette è apparsa a me come la luce di Lourdes. Luce intermedia, perché la luce di Lourdes è Maria l’Immacolata. Bernadette viene da un popolo dal temperamento forte, vivace ed ha la purezza, la trasparenza ed anche la personalità della Vergine; in una grande semplicità e una grande modestia, ha vissuto la santità dei poveri. Penso che - e secondo il Vangelo capisco che è vero - la santità che vedremo come prima nel Cielo sarà sempre la santità dei poveri. Dei poveri di cuore certo; ma questa povertà spirituale si trova specialmente nei poveri chiamati da Dio. Non tutti i poveri, perché non tutti hanno la forza, la comprensione di vivere la povertà come una Grazia. Questo è un punto importante.
Bernadette era povera di tutto, anche di salute, poiché aveva l’asma e altre difficoltà. Ha avuto un’esistenza difficile a Bartrès. Suo padre fu parecchie volte cacciato dal suo mulino e nessuno lo voleva più come mugnaio; alla fine non sapeva più dove andare con i suoi bambini e ha trovato l’ultimo alloggio possibile a Lourdes, nella prigione Le Cachot, che molti di voi hanno visitato. Era una piccola stanza con le grate di ferro che dava in un piccolo cortile in cui c’erano le galline che mandavano un odore terribile. In quel periodo a Lourdes ed in tutta la Regione c’era una crisi dell’agricoltura e Bernadette ha sofferto molto la fame. Un fornaio accusò François Soubirous, il padre di Bernadette, di furto di farina dicendo: “L’ho pensato colpevole perché è il più povero”. E così è scritto negli atti; questa esattamente la traduzione letterale dal francese: “La sua povertà mi ha fatto pensare che fosse l’autore di questo furto”. Per quindici giorni fu in prigione, poi venne riconosciuto che non era colpevole. Proprio questi che nessuno voleva come mugnai la Vergine è andata a cercare. In seguito vescovi e persone della corte di Napoleone III vennero per vedere Bernadette. Dopo le apparizioni, che manifestavano la scelta di Maria, la sua vita di testimonianza fu difficile, perché la prima testimonianza fu davanti al commissario di polizia Jacomet, che era un uomo bravo ma duro, intelligente, terribile, che voleva cercarle il difetto. Ma ella era sempre ferma, chiara, un po’ come Giovanna d’Arco davanti ai suoi giudici. E doveva anche testimoniare a tutti quelli che venivano mattina, sera, dappertutto, in condizioni difficili. Quando le suore, per proteggerla, l’hanno presa nella loro casa, nel loro convento, quando doveva testimoniare dicevano: “Ecco questa ragazza è molto indegna della Grazia che ha ricevuto”; parlavano molto male di lei. Io faccio testimonianza tra i vostri applausi, Bernadette ha dovuto testimoniare nella contraddizione, nel disprezzo.
Ecco la terza parte della sua vita - non voglio fare un’altra conferenza su Bernadette -, la vocazione: fu difficile perché si pensava indegna, incapace. Non aveva il denaro per essere religiosa, ma soprattutto voleva servire i poveri. Fu un po’ nascosta nella casa madre per essere protetta e non poté servire gli ammalati. La maggior parte della sua vita religiosa, durata pochi anni, ebbe a soffrire sempre di più e a soffrire sofferenze terribili perché aveva la carie delle ossa, oltre all’asma e ad altre malattie di cui il cappellano Febvre ha dato una descrizione terribile in cinque righe, che non riesco a dire a memoria. Fu un’anima vittima che ha vissuto la fine della sua vita come molte altre vittime, ma in un modo specialmente duro, come Cristo ha vissuto la sua croce: con sofferenze fisiche, sofferenze degli altri - la sua superiora generale non l’apprezzava e diceva: “Finché vivrò non sarà canonizzata” - e sofferenze morali, perché ha avuto come Teresa di Lisieux, alla fine della sua vita, prove, ma con sfumature differenti: per Teresa era una prova di fede, come per Madre Teresa che ha avuto la stessa prova di non vedere Dio (Dio Le sembrava assente, non esistente, non sentiva più niente); per Bernadette era probabilmente, pur non avendolo mai espresso, una crisi della sua speranza. A Julie Garros, una suora che veniva da Lourdes, un po’ più giovane, che la vedeva piegata dalle sofferenze, diceva: “Questo è niente; le sofferenze spirituali sono molto più gravi”. Ciò a dire come dovevano essere terribili le sue prove spirituali interiori.
Allora non ci sorprendiamo se qualche volta, per un motivo o per l’altro, dobbiamo passare tempi di prova: sono duri, incomprensibili, ma fanno parte, secondo la Grazia, della vocazione di ciascuno. Alcuni hanno la vita piuttosto felice, onorata umanamente; altri hanno perduto tutto, come Madre Teresa, di cui si sono scoperte le prove soltanto dopo la sua morte, perché il suo sorriso era tanto sereno, tanto contagioso, apportava tanto a tutti quelli che parlavano con lei che io stesso pensavo fosse una persona molto felice della presenza di Dio. Ma non la sentiva e ha fatto tutto nella fede, nella notte di fede. Ecco il coronamento di Bernadette, il sommo della sua santità.
Per finire, per completare su Lourdes, ho studiato anche la faccia di Bernadette, il suo viso. Nello studio ho raccolto tutte le sue settantaquattro fotografie - è la prima santa fotografata durante la sua vita - e anche tutti i ritratti, con la lezione che dice il suo viso: parla la faccia e anche le sue parole.
Federica Astraceli
Prendo solamente qualche minuto, così come mi è stato chiesto, per porre quella che è stata la mia testimonianza nel rapportarmi con padre Laurentin. Vado a leggere per essere il più sintetica possibile.
Quando Barbara mi chiese di curare i contatti con padre Laurentin affinché potesse tenere un incontro all’interno del nostro XVIII Convegno, avvertii un grande imbarazzo. Mi dicevo: “Ma perché proprio io, così insicura, così piena di vergogna?”. Ma già da quel giorno intuii che, se mi veniva chiesto, era perché come sempre c’era un disegno più grande su di me, per me: la possibilità che anche attraverso questa circostanza io potessi conoscere di più la straordinaria grandezza della potenza di Cristo che in ogni istante, a prescindere da me, continua a raggiungermi e a sedurmi.
Per riuscire a parlare personalmente con padre Laurentin ho dovuto prima rapportarmi con altre figure: mi riferisco alle suore della casa di riposo sita in una cittadina poco distante da Parigi, nella quale padre Laurentin abita, nonché ad altri collaboratori più stretti. Mi sono imbattuta con una gentilezza, con una passione, con una cura, una rigorosità nell’accogliere e nel poter rispondere alla mia richiesta di poterlo contattare personalmente che mi ha immediatamente fatto riconoscere in loro dei figli, per questo degli eccezionali collaboratori, realmente custodi del carisma che quest’uomo porta. Finché un giorno sono riuscita a parlarci, ma facendo lui fatica a sostenere una conversazione per telefono mi chiese di scrivergli. Gli inviai allora una e-mail in cui illustravo la nostra realtà, il nostro Movimento, il nostro Convegno, la ragione del nostro invito. Successivamente riuscii a contattarlo di nuovo per sapere se aveva ricevuto la nostra lettera, cosa stava maturando, ma non fu cosa semplice. Padre Laurentin vive da diverso tempo il dramma della cecità; purtroppo in quei giorni, per una serie di circostanze, nessuno dei suoi collaboratori era riuscito a leggergli la mia lettera per cui non sapeva nulla di me, di noi, del nostro Convegno, di ciò che mi spingeva insistentemente a cercarlo. Di conseguenza l’impatto telefonico fu molto difficile. Basti pensare ad un uomo così anziano, con tante difficoltà che, dalla sua celebre levatura culturale, teologica, storica, si stava rapportando con una persona pressoché sconosciuta che telefonava a nome di una realtà di cui lui non aveva mai sentito parlare prima e che lo invitava in un luogo che non solo non sapeva di cosa si trattasse, ma che si trovava, addirittura, in un’altra nazione. L’impotenza in me cresceva. Provai a spiegargli tutto per telefono, ma lui faceva davvero una grande difficoltà a sentirmi e di conseguenza a seguirmi e rispondermi, a dialogare con me. Ad un certo punto, poiché ogni parola accresceva solo la confusione, non volendo aumentare l’imbarazzo, interrompemmo la conversazione.
Uscii da quella telefonata quasi consumata e in cuor mio non c’erano speranze che padre Laurentin potesse presiedere il nostro Convegno. Ero molto rammaricata; sapevo, e oggi so ancor più consapevolmente, della grandissima stima che Nicolino nutre nei suoi confronti. Il fatto che non fossi riuscita a soddisfare il suo desiderio di avere quest’amico tra noi, sapendo il suo grande amore alla Madonna e sapendo quanto lui desiderasse farci conoscere questo grande uomo, mi faceva ritrovare afflitta. Niente comunque ci avrebbe impedito di permanere nell’onore alla Vergine Maria in compagnia di Santa Bernadette all’interno del nostro Convegno. Ciò nonostante, con sorpresa, due giorni dopo, la domenica pomeriggio, mi ritrovai nella segreteria del cellulare un messaggio: era padre Laurentin che mi chiedeva di fargli una proposta dei voli che avrebbe potuto scegliere per venire da noi e raggiungerci questa sera. Non credevo alle mie orecchie. Qualche ora dopo lo sentii telefonicamente e tra noi emerse una confidenza, un’affabilità, oserei dire un’incontro tra la mia, la nostra sete di conoscere e la sua brama di affermare, di testimoniare Gesù, l’amore a Lui e alla Sua Vergine Madre. Un incontro tra un uomo così celebre come lui e una donna così sconosciuta come me che solo Cristo può permettere. Non so cosa sia accaduto per fargli accettare il nostro invito; probabilmente, nelle ore successive, uno dei suoi collaboratori è riuscito a leggergli la nostra e-mail e tutto gli si è reso nitido e affrontabile. Oggi mi ha detto: “A convincermi è stata la vostra insistenza vittoriosa”.
Rimane la domanda: “Cosa può spingere quest’ uomo, cosa può aver spinto questo uomo di questa portata, a questa età, a partire da Parigi per venire qui, in questo tendone, su questo palco?”. È l’Amore di Cristo, la sconvolgente incarnazione dell’Amore di Dio attraverso quella Donna a urgere, a sollecitare quest’uomo, a spingerlo verso ogni dove, fino a raggiungerci qui questa sera. L’onore del viaggio di oggi con padre Laurentin è stato per me possibilità di vedere con i miei occhi, fino a qualche minuto fa, quanto ho presentito in queste settimane. Ho capito di più perché lui può scrivere con tanta contemporaneità i suoi libri sulla Vergine Maria nonché su Santa Bernadette: perché lui non è mosso da un’erudizione ma da un amore, da una sete di conoscenza dell’Avvenimento di Cristo con cui è immedesimato che gli permettono, dalla posizione evidente di piccolezza e di umiltà che lo caratterizza, di saperci far entrare dentro quel momento di tempo con una dovizia di particolari eccezionale; a tal punto che oggi, mentre riposava in macchina, di tanto in tanto apriva gli occhi e riprendeva la parola per entrare dentro molteplici tratti del Vangelo, parlandoci della Vergine, dei Primi attorno a Gesù.
Padre Laurentin è un “piccolo”, come i piccoli di cui lui descrive i tratti più significativi. Un piccolo che, quando oggi gli ho posto una domanda - gli ho chiesto di parlarmi dei cinque anni in cui lui ha vissuto in un lager, in Germania – ha risposto molto velocemente perché non voleva essere troppo al centro dell’attenzione e ha continuato a chiedere di noi. È un uomo che oggi non era preoccupato di venire ad insegnare ma ad imparare, un uomo segnato dalla mendicanza tanto che oggi una delle prime cose che ci ha chiesto, disteso sul sedile, è stata quella di poter pregare il Rosario insieme a noi, in macchina. Uno dei pochi che ha capito che il nostro Movimento non ha finalità specifiche se non la sua stessa sigla che per noi è una continua risposta: FidesVita.
Sono grata dell’onore che ho avuto di vivere per prima l’amicizia con questo uomo, di sperimentare per prima come realmente padre Laurentin sia il cantore della Vergine di Lourdes. La mia gratitudine si colloca soprattutto pensando a come l’amicizia con questo uomo mi ha ancor di più innestato nella forma d’insegnamento alla quale sono stata consegnata, proprio per come il suo io è governato sempre e solo dalla contemporaneità di Cristo. “Io sono come una scopa, dopo che è servita viene messa dietro la porta”: mendico su di me questa stessa coscienza di Bernadette, mendico il rapporto di permanenza di questa bambina con quella Donna che era solita sorridere quando la Sua figlia prediletta Le balbettava poche e disordinate frasi in dialetto.
Don Armando Moriconi
Chiuderemo con un canto alla Vergine Maria. Prima, però, desidero dire la mia gratitudine. A Federica perché, con il suo contributo, ha reso possibile l’incontro di stasera, e anche per la testimonianza che ci ha portato: l’incontro di questa stasera è stato un evento e meritava di essere anche così testimoniato. E soprattutto al padre Laurentin. Il padre ci diceva all’inizio: “Desideriamo approfondire la conoscenza, cioè approfondire l’Amore”. Questo è accaduto! Ed io sono certo, per tutti e per ciascuno, che stando in compagnia del padre Laurentin noi siamo stati in compagnia di Gesù e siamo stati in compagnia di Sua Madre. Questa sera, grazie al padre Laurentin, abbiamo veramente imparato cosa voglia dire che Cristo è a noi contemporaneo. E come lo è Cristo, lo è Sua Madre. Vorrei allora che da qui in avanti lo sguardo di ciascuno di noi si rivolgesse a Lei, con maggior consapevolezza, con maggior ardore, con maggior amore.