“Voi siete miei amici - disse Gesù ai Dodici prima della Sua passione - e vi ho costituito perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga” (Gv 15,14.16).
Rientriamo in questo momento decisivo del dialogo di Cristo con i Suoi, attraverso un brano tratto dalla relazione di Nicolino al nostro XII Convegno.
“Capire questa amicizia, - che nella Compagnia dei Primi ha la sua origine e nella vita della santa Chiesa la sua contemporaneità - questa costituzione, questa chiamata non può essere un optional. Né può essere un dato ornamentale o qualcosa a lato della nostra vita, accanto ad altri fattori che ci accadono o che viviamo...
Quello che c’è di mezzo è proprio tutta la vita, tutta la nostra vita; tutta la realtà, tutto il rapporto con la vita e la realtà. Qui c’è di mezzo la necessità della vita, l’urgenza inevitabile della vita di ogni uomo… La Necessità delle necessità, il Bisogno dei bisogni, il Fattore dei fattori, l’Avvenimento degli avvenimenti…” (Atti del XII Convegno Fides Vita, p 28).
“Prima della festa di Pasqua - la Pasqua ebraica, memoria della liberazione dalla schiavitù in Egitto del popolo di Israele -, Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i Suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (Gv 13,1). È la piena rivelazione dell’Amore di Dio Padre all’uomo, ad ogni uomo, nell’Amore di Gesù ai Suoi. Attraverso i Suoi c’è la vera definizione di ogni uomo, di ognuno di noi. Siamo suoi, siamo di questo Amore Eterno; l’essere è Amore, cioè l’essere è l’Amore dell’Essere. È questa costituzione e appartenenza che definisce l’uomo. La sua Presenza tra noi nella elezione dei Primi si rivela come Amore, l’Amore definitivo dell’Eterno Padre a ciascun uomo. Li amò - ci amò - fino alla fine, fino in fondo, sino al documento estremo dell’amore che è quello di dar la vita perché altri vivano. Li amò fino alla fine, fino al sacrificio più estremo della sua carne messa in croce. Quella carne in cui Dio si rivela, si lascia mettere a morte per liberare l’uomo dal carcere della morte stessa, per riaprire la possibilità a ogni uomo della vita vera, della vita nel suo vero significato e destino, della felicità. Questo Amore redentivo acquistato da Cristo per ogni uomo ha invaso tutta la storia fino ad oggi. È stato testimoniato, in duemila anni, non solo dai martiri, ma da milioni e milioni di uomini e donne che si sono identificati con questo Amore, che in Esso e per Esso hanno vissuto, costruito e operato nella storia.
Che hanno drammaticamente sofferto e speso tutto per l’affermazione e la dilatazione di questo Amore, fino al dono della vita. E questo Amore ha raggiunto anche noi. Noi ne siamo attuale e contemporanea espressione, reale e tangibile documento.
Li radunò, li chiamò alla cena di Pasqua... Il dialogo riportato dal Vangelo di Giovanni dal capitolo 13 al 17, non solo è l’apice della rivelazione ma è anche Ciò che di più decisivo è rivelato loro per loro stessi, per ogni uomo, per tutta l’umanità e per tutta la Chiesa. È nel capitolo 15 che troviamo l’affermazione sulla quale ci stiamo soffermando. “Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio Amore… Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena…” (Gv 15,9.11). Cosa c’è di più sentito, di più sentito in un uomo, di più pressante, di più anelato nella vita di ogni uomo, della gioia; della gioia piena e della felicità?... Un uomo può scartare tutto, evitare per pregiudizio qualsiasi richiamo spirituale o religioso, perché sentito astratto, illusorio, non realistico, non connesso con la realtà; ma di fronte alla parola gioia, felicità, pienezza, è irragionevole, irrazionale, disumano, saltare ed evitare, non fermarsi di fronte a qualcuno che la pone proprio a tema di tutto. Comunque, non si può fino in fondo evitarla per una vita intera. Per quanto distratti, superficiali, arroganti, inzuppati di pregiudizio, manipolati vogliamo essere, è nella nostra struttura, è proprio la nostra originale struttura. È dato con noi, con la nostra nascita, con la nostra vita, l’esserne proprio esigenza. È un’esigenza costitutiva e per questo irrinunciabile e decisiva. Si può irrazionalmente rinunciarvi o lasciarla preda di varie manipolazioni, ma la pena è infernale, la pena esistenziale prima o dopo è proprio devastante. L’altro passo connaturato all’esigenza originale che noi siamo, è che non si può identificarla con una propria soggettivistica definizione. Non possiamo definire noi ciò che è dato e costitutivo. Nonostante tutti gli arroganti, diversificati e sistematici tentativi con cui l’uomo ha preteso e pretende di definirla, prima o dopo - sia nella storia che nelle vicende private degli uomini - la menzogna di essi è emersa ed emerge incontestabile. E che devastazione, che violenza, che disperazione… Solo macerie. Quell’uomo di nome Gesù, non solo ha posto la questione delle questioni, ma ha identificato tutta la sua opera proprio sulla felicità, sulla gioia piena, sulla felicità piena di ogni uomo. Solo questa è la questione, solo questo è il cuore dell’uomo. E pur essendone nel suo proprium assoluta esigenza, l’uomo è incapace di autosoddisfarla. Non si può scappare da ciò che appartiene all’evidenza della ragione. La vita è data e quindi dipende da Chi l’ha posta in essere. E va da sé che la sua gioia, la sua pienezza, la sua realizzazione, il suo sviluppo dipende da Chi l’ha data. Solo dentro questa dipendenza c’è la possibilità della vita. E state bene attenti: che la vita è data e quindi dipende, non è qualcosa che attiene e richiama solo l’originale atto creativo, la sua creazione come atto originale del passato, ma attiene ad ogni momento, ad ogni istante. La vita è dono ed è data in ogni istante, momento per momento; dipende proprio da Chi l’ha data in ogni istante, in ogni momento.
Quell’uomo di nome Gesù, non solo ne ha fatto tutta la ragione della sua presenza, tutto lo scopo del suo agire, ma afferma chiaramente anche di esserne l’unica vera soddisfazione. Lo riafferma proprio ai Suoi. Sappiate che tutto quello che ho detto, fatto e farò, è per la vostra gioia, per la gioia di ogni uomo, per la vostra salvezza, per la salvezza di ogni uomo. E lo dico prima di tutto a voi. Perché? Perché “voi siete miei amici… non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto quello che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi”. Voi siete i miei amici e vi ho scelto perché siate la mia Amicizia. “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi”… Voi siete i miei amici in quanto siete la prima carne eletta per rivelare il Padre in cui io sono; perché vi ho fatto conoscere la volontà del Padre che ho udito e che solo in me si è rivelata e si rivela per la soddisfazione del cuore dell’uomo. Voi siete miei amici perché chiamati da me a traghettare nel mondo la verità che si è fatta carne e che io sono; a rendere presente il vero significato e destino anelato dal cuore di ogni uomo che è il Padre mio in me.
Attraverso di me il Padre si è manifestato definitivamente, si è qualificato come Padre; l’Eterno Padre si è qualificato definitivamente in me; la pienezza della vita accade in me che sono suo Figlio. In questi anni, io vi ho detto solo tutto quello che è la verità della vita, per la gioia della vita. Solo in me, che sono la volontà del Padre da cui tutto dipende, c’è la possibilità della vita vera, c’è la possibilità dell’umano, dell’io libero e vero. Solo in me la rinascita sempre, la ricostituzione sempre, pur dentro un’immensa crosta di male e di peccato. Solo in me c’è la pienezza dell’amore perché io sono l’Amore. Io sono colui che è venuto a far ribattere il cuore per l’Infinito e a riaprire il cammino di ogni uomo alla felicità. Io sono la sola, vera e definitiva salvezza di ogni uomo. Io sono l’incarnazione del vero “Proprietario” di tutto ciò che è visibile ed invisibile. L’eterno Proprietario è il Padre, l’eterno Padre che non vuole asservirvi, non vi chiama servi, come potrebbe. Attraverso di me vi chiama amici ed io stesso in Lui vi chiamo amici. Io vi chiamo amici e mi identifico con questa amicizia per permanere nella storia e nella vita di ogni uomo. Manderò lo Spirito Santo - il mio Spirito e quello del Padre - per voi, per questa amicizia perché sia la mia Amicizia. Obbedite alla mia amicizia e a tutto quello che vi comando. Questa amicizia diventi proprio un comandamento, il mio comandamento, il comandamento della vita. “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati”. Vi ho amato fino in fondo, sino a quello che vi dimostrerò con il mio sacrificio. Il mio sacrificio è per voi e per la vita di ogni uomo. “Nessuno ha un amore più grande: dare la vita per i propri amici…”. Non c’è amore più radicale di quello di chi lasci disporre tutta la sua vita, fino al sacrificio estremo, per affermare la Vita. “Voi siete i miei amici... e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga”. Tutto quello che sto dicendo, è per noi adesso. Non è una esegesi delle parole di Gesù, ma in fondo è una testimonianza. Anzi, è proprio una testimonianza. È una familiarità e una contemporaneità condivisa. Sono io nel dialogo e nel rapporto con Lui, adesso. Ed è con noi questo dialogo, e siamo noi adesso i suoi amici. Dobbiamo starci dentro adesso, come sempre; adesso è provocazione a ciascuno, alla vita di ciascuno. Non è l’esegesi di un passo, ma è la verità di ciò che noi siamo e della vita di ciascuno. Dentro tutto il dialogo di commiato di Gesù con i Suoi, riportato da Giovanni, non c’è solo la spiegazione suprema e definitiva di tutto quello che Gesù aveva vissuto con i Dodici in quei tre anni, ma c’è tutta la verità del cosmo, della realtà e del cuore dell’uomo, per cui la realtà c’è. La ragione della vita, il senso di ogni passo, la possibilità per ogni uomo di essere veramente uomo. E c’è la Chiesa, la santa Chiesa, e quindi c’è la nostra Amicizia. “Voi siete miei amici… e vi ho costituito perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga”. Capire questa amicizia, questa costituzione, questa chiamata non può essere un optional. Né può essere un dato ornamentale o qualcosa a lato della nostra vita, accanto ad altri fattori che ci accadono o che viviamo... Quello che c’è di mezzo è proprio tutta la vita, tutta la nostra vita; tutta la realtà, tutto il rapporto con la vita e la realtà. Qui c’è di mezzo la necessità della vita, l’urgenza inevitabile della vita di ogni uomo… La Necessità delle necessità, il Bisogno dei bisogni, il Fattore dei fattori, l’Avvenimento degli avvenimenti. Qui si tratta del fondamento di tutto e di tutti, della consistenza di tutto e di tutti. Qui si tratta della felicità su cui tutto l’uomo è “concentrato” come inevitabile ricerca e tensione…
Nicolino Pompei